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27 maggio 2010 4 27 /05 /maggio /2010 18:39

20,21. Beati voi, poveri... Beati voi, che ora avete fame...

Queste corrispondono alle beatitudini di Matteo 5:1,2,6, ma in quest'ultimo, le parole sono evidentemente usate in un senso spirituale, mentre qui Gesù le usa letteralmente e senza qualificazione. Si spiega usualmente questa divergenza col dire che, in ambo i Vangeli, Gesù vuol dir la stessa cosa; ma non possiam prender le parole che quali le troviamo, e certamente a queste non si darebbe un senso spirituale, se il Vangelo di Matteo non fosse lì a suggerirlo. Che una beatitudine speciale sia riserbata a tutti quelli che son poveri, affamati, od afflitti, è cosa contraria alla nostra esperienza quotidiana, e non può accettarsi come regola generale, più che si debba accettare come tale l'asserzione che un guaio si attacchi a quelli che sono ricchi, allegri di natura, e stimati dai loro vicini. Né dobbiam credere che, essendo temporali le condizioni qui descritte, temporali pure debbano essere le benedizioni connesse a quelle, e che per questi bisognosi ed afflitti stia in serbo un cambiamento così completo, come quello di Giobbe, delle loro fortune terrene Giobbe 42:12. Pure ci fu a quelli che trovavansi dinanzi a lui in quella deplorabile condizione - «che ora avete fame, che ora piangete» - che parlò il Signore. L'udienza era composta primieramente di una moltitudine dei propri suoi discepoli, i quali probabilmente ne formavano il circolo più interno, i quali avean dato prove non dubbio della loro fede in lui come nel Messia, ed il suo discorso è specialmente rivolto a quelli, quantunque destinato pure alla folla più grande che stava al di fuori. La roditrice ansietà che è prodotta dalla grande miseria in questa vita, mentre spinge taluni alla bestemmia ed al delitto, tende a trarre i cuori e le speranze di quelli che credono in Dio per Cristo, sempre più verso quel «regno di Dio» nel quale «essi non avranno più fame, né sete, e l'Agnello asciugherà ogni lagrima dagli occhi loro» Apocalisse 7:16-17. Quelli che si confidano nelle ricchezze hanno «la lor parte in questa vita»; quelli, la cui eredità quaggiù è la fame, la povertà e l'afflizione, sono animati a sperare una eredità migliore nel regno del loro Padre celeste. Giacomo 2:5 sembra esprimere esattamente il pensiero di Gesù, nelle parole: «i poveri di questo mondo ricchi in fede, ed eredi delle eredità ch'egli ha promesso a coloro che l'amano».

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