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24 ottobre 2010 7 24 /10 /ottobre /2010 22:20

Da questo episodio vittorioso della storia d’Israele, apprendiamo in primo luogo che durante il tempo della preghiera, Amalek è vinto. Israele combatteva contro Amalek sotto la guida di Giosuè. Israele è un’immagine dello spirito, Amalek della carne. E’ esattamente ciò che dice Galati: “La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; e queste cose sono opposte l’una all’altra, cosicché voi non fate quel che vorreste” (Galati 5:17).

Questo combattimento non finisce mai nella vita di un figliuolo di Dio. In lui risiedono due nature, due personalità. Lo spirito vivificato, sede dello Spirito di Dio, e la carne peccatrice che rifiuta di fare la volontà di Dio. In Esodo 17:16 è detto alla fine del versetto: “L’Eterno farà guerra ad Amalek di generazione in generazione” (Esodo 17:16).

Il combattimento dura sempre. Ogni figliolo di Dio aspira all’esperienza pratica della vittoria sulla carne. Avremo questa vittoria pratica durante tutto il tempo che pregheremo. Il versetto 11 dice: “Or avvenne che, quando Mosè alzava la sua mano, Israele vinceva; quando invece abbassava la sua mano, vinceva Amalek”.

Lasciandoci nella debolezza della carne, il Signore vuole obbligarci a diventare intercessori. Ma volgiamo il nostro sguardo più lontano.

Gli uomini spirituali combattono con determinazione contro la potenza di Amalek, la potenza della carne, la potenza del mondo e la potenza di Satana. Lo fanno con la spada della parola di Dio, tramite la testimonianza della loro vita. Saranno vittoriosi per tutto il tempo che si pregherà per loro.

Quando Mosé innalzava le mani, Israele aveva la vittoria; ma quando le abbassava, vinceva Amalek. La ragione per la quale molte evangelizzazioni terminano con una benedizione superficiale ed effimera, va ricercata nelle mani non innalzate dei figliuoli di Dio. Ogni benedizione e ogni avanzata nel regno di Dio sgorgano dalle mani di Mosé levate verso il cielo.

In seguito, vediamo anche la necessità di una collaborazione stretta fra intercessori e combattenti. Lo apprendiamo dal versetto 11. I messaggeri scendevano e salivano continuamente da Mosé a Giosuè e da Giosuè a Mosé. Quando Mosé innalzava le sue mani, Israele aveva vittoria. L’intercessore Mosé era incoraggiato.

Gli si gridava: “Sì, continua a tenere le mani in alto, la vittoria è nostra!”. Ma quando Mosé lasciava cadere le mani per la stanchezza, Amalek riprendeva il sopravvento. Questo combattimento era il frutto di una stretta collaborazione fra Mosé l’intercessore e Giosuè il combattente.

Noi dobbiamo cercare questa collaborazione stretta, concreta, con i figli di Dio del mondo intero. Vogliamo uscire ad ogni costo da questa marcia a vuoto religiosa. La vittoria su Amalek è certa, l’avanzata è assicurata. La luce dell’evangelo penetrerà ancora in numerosi paesi, se un aiuto deciso e concreto è apportato nella preghiera.

In seguito, apprendiamo ancora in questa parte della Scrittura che tramite la preghiera comune possiamo fortificarci a vicenda e vincere la stanchezza che appesantisce: “Ma le mani di Mosè si erano fatte pesanti, così essi presero una pietra e gliela posero sotto, ed egli vi sedette sopra mentre Aaronne e Hur sostenevano le sue mani, l’uno da una parte, l’altro dall’altra” (verso 12). Mosé avrebbe dovuto rinunciare, se non fosse stato sostenuto dalla preghiera. Ma l’aiuto era lì. Per quel motivo le sue mani restarono fermamente levate al cielo, fino alla vittoria totale e definitiva.

Notiamo infine quello che frena la rivelazione della vittoria. Al versetto 11 leggiamo ancora: “Quando la lasciava cadere, vinceva Amalek“.

Molti credenti pensano con malinconia al tempo passato della benedizione, quando si manifestavano ancora dei risvegli, e migliaia di persone venivano ad ascoltare la parola di Dio. Constatano con tristezza che oggi è diverso. Perché sarebbero cambiati i tempi? Se lo sono, Egli è l’Eterno, l’immutabile e resta lo stesso: “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno” (Ebrei 13:8). Certo, i tempi cambiano, gli uomini cambiano, le circostanze cambiano, ma Lui non cambia mai. In Numeri 14:21 leggiamo: “Ma, come è vero che io vivo, tutta la terra sarà ripiena della gloria dell’Eterno“.

Le promesse di Dio hanno ancora tutto il loro valore. La vittoria di Gesù su Amalek, sulla carne, possiede ancora l’interezza della sua potenza illimitata. Ma se questa vittoria si manifesta appena nella nostra vita, nella nostra famiglia, nella nostra chiesa, questo dipende unicamente dalla nostra negligenza nella preghiera.

Da questo testo impariamo anche che il fatto di appropriarci delle promesse di Dio tramite una preghiera perseverante spinge il Signore a farci promesse ancora più grandi. Una tale preghiera non conduce a frenare ma ad accelerare la rivelazione della sua vittoria.

Quando Mosé pregava in cima alla montagna, si è sicuramente poggiato sulle promesse che Dio aveva fatto al Suo popolo, assicurandolo che egli stesso avrebbe annientato tutti i nemici (Genesi 22:17). Quando questa promessa si trasformò in una realtà vivente tramite la preghiera di Mosé, Dio fece delle promesse ancora più grandi: “Io cancellerò interamente di sotto al cielo la memoria di Amalek… L’Eterno farà guerra ad Amalek di generazione in generazione” (Esodo 17:14, 16).

Impariamo da questo che Dio aspira ad esaudire le sue più grandi promesse, le supreme, se cominciamo ad impadronircene per mezzo della preghiera perseverante. Dio vuol rendere visibile ed attiva la vittoria di Suo Figlio. Non si è ritirato, non ha lasciato il campo; noi lo abbiamo fatto.

Perciò occorre uscire dal fondo della vallata. Diventiamo combattenti intercessori e intercessori combattenti. In questo preciso istante, il Signore vuole investirci di nuovo dello spirito di preghiera e di potenza nella preghiera!

(tratto da “Invito alla preghiera” di Wim Malgo)

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